lunedì 4 aprile 2016

Papà aveva ragione.

E' da quando ero piccola che la mia vita è tempestata di progetti ed interessi vari.
Ho studiato musica, teatro, disegno, ho fatto vari sport, sono laureata in psicologia ma con una passione per l'informatica e la medicina.
E mio padre me lo diceva sempre "Sai fare tante cose, ma nessuna bene".
Ma io no, no, padre, io sono un fottutissimo genio!
La mia mente è aperta e veloce! Il mio pensiero e fluido! Tutte le porte si aprono al mio passaggio.

Col cazzo. Come si dice in Francia.

Ora sono qui a cercare lavoro, incerta se la psicologia sia davvero la mia vocazione, mentre seguo una scuola di fumetto. Mi lacero mentre cerco offerte interessanti: risorse umane, ritrattista, servizio civile, aspirazioni Bonelli.
Ed è lì nella mia testa che echeggia la voce di mio padre, e io che ormai di errori ne ho fatti anche troppi, mi sento finalmente di dargli ragione.
Finisce la lotta, finisce l'adolescenza, finisce la voglia di autoaffermarsi.
Tanto che ora non faccio niente di niente, niente di tutto quello che avrei voluto fare; la cantante, il medico, la disegnatrice, la psicologa, la dogsitter.
Nel mio vortice personale mi sbattono addosso tutte le cose che ho iniziato a fare e per le quali ora non mi impegno in alcun modo.
Infatti è dalle 9 di stamane che sono a letto a contemplare il soffitto.

lunedì 29 febbraio 2016

Bellezza mezza bellezza.

A me piace vedere le operazioni chirurgiche.
Rimango ipnotizzata dal bisturi che taglia la pelle, cauterizzazioni, tessuti che vengono asportati e ricostruiti, sangue. Se questo aspetto fosse venuto fuori almeno 6 anni fa non mi troverei ora con un' inconcludente laurea in Psicologia, bensì con un'inconcludente quasi laurea in Medicina (si, perchè col cazzo che facevo tutti gli esami in tempo, e poi comunque c'è la specializzazione, ecco).

Così mi diletto a vedere quei programmi stupidissimi sul digitale terrestre, che, dopo la mezzanotte, fanno vedere le operazioni senza censura.
Stupore.
Così stasera a "Incidenti di bellezza" vedo 'sta gente che fa operazioni assurde, dovute quasi sempre a situazioni assurde. Come la tizia senza un seno.
O la tizia con un cheloide sull'orecchio (uno dei miei incubi).
E poi c'è lei.
La signora di quaranta cinquanta sessanta età indefinita che fa l'operazione che, fra tutte, potrebbe essere l'unica che farei: la rimozione della "pellaccia" sotto le braccia.
Più che pellaccia, su di me sono proprio patacche di grasso ballerino e tremolante. Che se metto il braccio in una posizione ben precisa posso millantare un bicipite degno di Schwarzenegger nel 1970 mentre diventava Mr. Olympia. 
Ma no, è solo ciccia. Ed è anche la parte più educata del corpo; perché se faccio "ciaociao" con la manina, lei saluta insieme a me.
INSOMMA, la tizia tutta rifatta di tot anni durante l'intervista post-operazione pronuncia la seguente sentenza:

"Se hai un bell'aspetto esteriore ti sentirai anche meglio dentro"

E grazie al piffero.
Grazie al piffero che ti senti meglio se sei gnocca. Che poi nemmeno ci credo troppo; dopotutto anche le strafighe si lamentano del loro corpo.
Ma loro non conoscono lo struggimento interiore delle brutte.
Evitare gli specchi, i negozi troppo piccoli, certi vestitini che "quantèccarinolovorreitroppomastabenesoloallamodella".
O andare in palestra e sentire le chiappe ballare mentre annaspi sul tapis roulant, sperando che nessuno stia guardando nè verso di te, nè verso lo specchio che, disgraziatamente, è posto proprio alle tue spalle.
Ma la bellezza non è un'invenzione di chi guarda (anche se non ci riusciamo ad arrivare), è un'invenzione nostra.
Ne è la dimostrazione la mia amica Fica (non proprio amica, però vabbè), che non è simpatica, ma acchiappa. Non è geniale, ma vanta la sua bravura. Non è affascinante, ma sta al centro dell'attenzione.
Detto terra-terra non è bella, ma si crede stocazzo.
E la cosa simpatica, è che la gente ci casca. Con tutte le scarpe.
Grazie al piffero che se ti senti bella, sei bella, dentro e fuori.
Per questo, però, non esiste nessun corso di laurea.

martedì 20 ottobre 2015

5 cose che cambiano quando ti trasferisci in città.

Se per anni hai vissuto in un piccolo paese e poi ti trasferisci in un'urbe, o nell'Urbe, ci sono cose che cambieranno inevitabilmente nel tuo stile di vita o nel tuo modo di percepire la vita.

1. Tutto per tutti.
Nella città puoi trovare tutto ciò che ti serve, il più delle volte a qualsiasi ora tu ti renda conto di averne bisogno. Ci sarà sempre un bangladino aperto H24 con cibo, lampadine, saponi, articoli per la casa, fiori, filtri, verdure. Se invece sei di quelli che restano svegli nelle ore diurne potrai farti venire qualsiasi paturnia, in città troverai quello che cerchi. "Stasera ho voglia di giapponese, compriamo del Wasabi!"; "Ho bisogno di un nuovo paio di scalda-muscoli"; "Voglio fare un corso di zumba subacquea!". Accessori, vestiti, sale da tè, articoli per equitazione, poltrone massaggianti, danze orientali, balsamo allungante, guaranà.
Ecco, per me poter trovare tutto è un'idea di onnipotenza; o di grande debolezza se consideriamo che, fino a pochi anni fa, non sapevo nemmeno cosa fosse il Wasabi.

2. Cortisolo.
La grande città richiede più o meno spesso grandi spostamenti. Fare grandi spostamenti richiede la capacità di muoversi in strada e da qui si aprono due grandi categorie di persone: quelle con mezzo proprio e quelle con mezzo pubblico.
Le persone con mezzo proprio si dividono in altre due sottocategorie: a due ruote e a quattro ruote;
Se sei un due ruote ti muoverai nel traffico come un serpente nel sottobosco, strisciando tra le auto con scioltezza e velocità, cogliendo l'attimo giusto per passare tra un'auto e il bidone dell'immondizia, rischiando ogni minuto di ribaltarti contro un ostacolo x.
Se sei un quattro ruote la tua pazienza è la tua forza, le code il tuo mantra, i semafori il tuo Sauron, i motociclisti la zanzara che ti ronza nell'orecchio tutta la notte.
Le persone con mezzo pubblico sono i martiri dei giorni nostri: ritardi, code, incidenti, guasti, corse annullate, autobus soppressi, biglietti, tessere, controllori, vicini puzzolenti, ladri, persone di fretta, turisti, bambini e vecchi le preoccupazioni principali.
Comunque, a qualsiasi categoria tu appartenga la morale è una: lo stress.
Sei stressato, infastidito, riluttante, aggressivo. E hai pure dimenticato le chiavi di casa.

3. Mestizaje.
Una grande città richiede un gran numero di abitanti, e di questi, solo una parte è autoctona: il resto è misto. Come un fritto misto ordinato al ristorante; ci saranno crocchette, mozzarelline fritte, olive ascolane, arancini o supplì, se ti va bene anche delle patatine. E così è la città: ci sono gli studenti fuori-sede, quelli che vengono dalla periferia, i pendolari, gli stranieri in erasmus, i turisti, gli immigrati.
E tutta questa diversità si mescola più e più volte e ti irrompe addosso inesorabilmente, senza che tu abbia il tempo di abituarti a tutto quel colore.
E ritieniti fortunato se non diventi razzista.

4. Estraneità.
Sei stato abituato ad avere a che fare con persone che, bene o male, sono come te. Vuoi per abitudini, vuoi per calata, vuoi perchè le strade quelle sono. Invece quando ti trasferisci se un elemento estraneo, e insieme a te altre migliaia di persone. Eccoti: fuorisede. Così impari a riconoscerli tutti: i ghetti calabresi, le gang sarde, gli isolati friulani e veneti (ne avrò conosciuti un paio in tanti anni); che alla fine non sono troppo diversi da te. Anche loro imparano termini del posto, anche loro ricevono il marchio "fuorisede" appena aprono bocca, e poi con loro puoi sempre organizzare serate di scambi culturali culinari. Gnam.

5. La solitudine.
In tutta questa onnipotenza, in tutto questo mosaico di persone ci sei tu. Un puntino. Un numero. Una faccia come un'altra. Su google Maps non riesci a riconoscere casa tua, frequenti posti in cui conosci poca gente e solo di vista (nel senso che l'avrai vista almeno 5 volte).

venerdì 7 dicembre 2012

Poste Italiane: l'Attesa.

Stamattina, per la seconda volta in questa settimana, sono andata alle poste.
Mi piace andare alla posta: il biglietto, i sedili, la gente che sclera. Oggi ho atteso 50 minuti prima di farmi cazziare dall'impiegato perchè non avevo compilato un modulo.
Passi l'attesa, passi i 100 euro cacciati per la bolletta, passi pure la tizia che mi ha sottoposto un questionario proprio su Poste Italiane durante l'attesa. Ma io, la scortesia, non la tollero.
Nell'attesa però si possono fare tante cose. Di solito mi metto a giocare a Majhong, ma oggi no, oggi c'era uno spettacolo meraviglioso: la gente. Vecchiette che sclerano perchè viene loro richiesto un modulo in più, una tizia di almeno 60 anni completamente rifatta (e male), una tizia che mangiava un fagottino sbrodolandosi del tutto, il direttore della posta che placava gli animi. E poi, la tizia del questionario che mi diceva "Se te lo chiedono, questo questionario te l'ho sottoposto all'uscita. Hai 22 anni, beata te!". La gente è uno spettacolo meraviglioso, si.

domenica 21 ottobre 2012

Bicycling: a quiet statement against oil wars.

Non esiste una città come Roma.
Io l'ho imparato grazie a Camille, la mia bicicletta, compagna di viaggi poco affidabile.

Andare in bici, a Roma, significa sentire la città.
Certo, gli automobilisti rendono i viaggi pericolosi, i semafori non sono da meno, e devo ammettere che oggi ho temuto il peggio quando mi sono trovata nel bel mezzo dei festeggiamenti per la vittoria di una qualche partita.
Ma c'è anche altro.
Ho sentito il vento dell'autunno, fra lo smog.
La bicicletta ti mette in contatto con il mondo, con tutto quello che ti accade attorno, e ti dà il tempo di gustare meravigliosi paesaggi o anche comicità stradali furtive (oggi ho visto un'auto con un enorme elefante di cartapesta sul tettuccio, fico).
Andare in bici ti mette in contatto con te stesso, testando i tuoi limiti, meravigliandoti della forza che possiedi (vedi tu a dover scansare le auto che ti sorpassano). Ti aiuta a percepire il tuo corpo che fatica, o a goderti il vento sul viso durante le discese.
La bicicletta è una valida alternativa all'auto e al motorino. Fa bene al corpo e alla mente, e, se avrete pazienza, imparerete anche a ripararla da soli, il che è fonte di vere e proprio soddisfazioni.

E' che ho avuto un po' di paura al semaforo, che stavo tamponando un motorino, ma vabbè.

mercoledì 19 settembre 2012

Il potere del naso.

Ad un tratto, sulla via di casa, ho sentito il tuo odore.
Forse non era reale, ma in me è scattato qualcosa.
Mi è venuto in mente il tuo collo, le tue mani e i tuoi baci.
Mi è salito su per il setto quel profumo solo tuo, e mi sono sentita persa. La strada da fare era dritta, un'unica direzione, ma io barcollavo.
Poi mi è arrivato il profumo di carne e grasso dei panini dello zozzone.
E mi sei passato di mente.